Care lettrici e cari lettori, buona domenica.
Chiedetemi se sono felice. Si, lo sono. Perché oggi per me è più domenica di un'altra domenica qualsiasi, perché si realizza un sogno, avere sul blog la più grande portiere del calcio toscano recente, colei che col suo fisico eccezionale e col suo talento cristallino ha scritto la storia del calcio senese, portando la squadra fino alla Serie A poi mai disputata poiché la società è fallita, tutta la carriera di Valeria è stata in società rese grandi da lei e una generazione di fenomene e poi fallite, pensateci; una vita sportiva da novella Sisifo, a raggiungere la vetta, cadere ogni volta e ricominciare la scalata daccapo, cose che avrebbero fatto passare la voglia a tante e tanti, ma non a lei, perché quel Siena di campionesse la A se l'era guadagnata sul campo e forse, in quel calcio femminile pre-straniere e pre-procuratori vi avrebbero scritto pagine indelebili nel calcio femminile, questa è una delle più grandi favole calcistiche mancate, ma non è tempo di rimpiangere ciò che non è stato, è tempo raccontarne i frammenti che restano, e di celebrare l'unica, meravigliosa, inimitabile, fantastica, favolosa, imponente, magnifica VALERIA MAZZOLA, la numero 1 delle numero 1, che per me è anche una carissima amica che mi ha aiutato tanto col progetto, ma ALT! io non esagero per piaggeria, lei è veramente ciò che ho detto.
Preparatevi a un viaggio in vent'anni di calcio femminile, preparatevi a momenti leggendari, e soprattutto preparatevi a Valeria, una persona unica.
Ok, iniziamo.
Ciao Valeria, benvenuta su "Il viola e il rosa", innanzitutto vuoi presentarti ai lettori?
Ciao a tutti, io sono Valeria Mazzola, ho 34 anni, sono nata a Napoli ma vivo a Siena, e di me ci sono da sapere due cose; amo il calcio e amo la musica, suono infatti la chitarra nel mio gruppo, le I Scream.
E la suoni benissimo, in un gruppo fantastico i cui CD sono stati la colonna sonora della mia estate...e la sera del primo settembre, già due mesi fa, l'emozione di veder suonare dal vivo te e Ilaria e cantare Angela, hai una presenza scenica fantastica, e il rock negli occhi quando suoni...ok, scusa, sto divagando ma quando leggo "I scream" il cuore mi vola.
Parliamo di Valeria bambina; chi o cosa ti ha fatto innamorare del calcio? E i tuoi primi calci al pallone sono stati coi bambini per la strada, un qualcosa ancora tipico per la nostra generazione, mentre ora se ne vedono sempre meno?
Ho iniziato a giocare a calcio da piccola grazie, e per colpa, di mio fratello; io di mio non amavo giocare a calcio, non mi interessava molto, ho fatto tanti sport tra cui basket, nuoto, equitazione, atletica leggera, scherma (una mia grande passione) fino a che infine non sono approdata al calcio, e avevo già la tecnica in quanto, come detto, mio fratello da piccolo quando tornava a casa voleva giocare con qualcuno e io ero l'unica disponibile, quindi ero "obbligata" a giocare ma questo mi ha permesso di conoscere questo sport, e comunque mi ha avvicinata anche ai ragazzi, ai campetti da calcio, sono cresciuta in mezzo a loro e questo mi fa piacere, perché ora che siamo grandi tanti amici ed ex compagni di mio fratello si ricordano di me, è una sensazione tenera, anche perché io essendo del 1986 all'epoca ero una vera eccezione, eravamo veramente poche a giocare a calcio, quindi era facile ricordarci.
Mi piacerebbe vederti tirare di spada...ogni volta rimango sbalordito dalle tante cose che sai fare, ti giuro.
Mi hai detto che hai iniziato nell'accademia di calcio della tua Napoli; cosa ricordi di quella prima esperienza?
Come ti dicevo ho iniziato a giocare nei campetti, ma nel 1998, quando già ci eravamo trasferiti a Siena, ci siamo ritrasferiti a Napoli per motivi lavorativi, e in quell'anno che ero in seconda media ancora non avevo scelto il calcio; ma quando siamo arrivati a Napoli seppi che un mio cugino aveva fondato la prima accademia di calcio della città, e quindi chiese a mia mamma se mio fratello voleva partecipare, e nel parlare disse con entusiasmo "Ma perché non fai iscrivere anche Valeria?" fece presente che sarebbe stata una cosa innovativa per l'epoca, e quando mi chiese se volessi giocare gli risposi senza esitare di si, ma non sapevo certo a cosa sarei andata incontro; è stata un'esperienza tosta se non tostissima, era il 1998, ricordatevelo bene, e di donne in accademia non se ne vedevano, ero l'unica in tutto il campionato napoletano e quindi mi sono ritrovata a vivere tutta una serie di disagi che l'essere unica ti comporta all'interno di uno spogliatoio; essere l'unica ragazza presupponeva che mi cambiassi da sola, non poter vivere lo spogliatoio è penalizzante...è un'esperienza che ricordo comunque con affetto, ma con il senno di poi mi rendo conto che è stata davvero molto dura, non per usare luoghi comuni ma da napoletana doc ti posso dire che con certe mentalità un po' arretrate ho dovuto farci i conti, specialmente quando andavamo a giocare in provincia o nell'entroterra; come spesso succede da nord a sud si ritrovano spesso molti stereotipi che in quell'anno ho subito parecchio, dagli spalti non c'erano sempre commenti piacevoli sul fatto che una ragazza giocasse coi maschi, ma nella mia "incoscienza" sono stata più forte di tutto questo e sono riuscita ad andare avanti.
Sei SEMPRE stata più forte di tutto, quella al massimo era la prima volta in cui ti sei cimentata in qualcosa di grande e hai vinto la sfida.
Hai sempre giocato portiere oppure hai provato anche altri ruoli? Nell'Alter Ego sappiamo che giochi dappertutto, ma nel calcio a 11?
No, non ho sempre giocato come portiere, anzi la mia storia calcistica è piuttosto strana; all'epoca dell'accademia infatti giocavo attaccante, ho iniziato proprio come punta, e l'ho fatto anche nel Siena Nord e nell'Uopini; in realtà fare la giocatrice di movimento è una cosa che a me piace tantissimo, io dico sempre che non gioco a calcio, io sono un portiere, che è ben diverso, perché essere portiere è uno sport nello sport, per quello mi piace cimentarmi anche nel gioco da calcio "vero" quello in cui si usano solo i piedi.
La mia carriera da portiere è iniziata così; giocavo da attaccante ma non riuscivo, un po' per indole e un po' per testa, a non seguire determinati schemi, ero molto, troppo istintiva, fatto sta che il mio allenatore al Siena Nord, Walter Parrini, iniziò a cambiarmi di ruolo in ruolo, per poter capire dove questa ragazzina calcisticamente ribelle di 16 anni poteva essere collocata; da attaccante non rispettavo le regole, a centrocampo uguale, ala e difensore idem, mi cambiò talmente tanti ruoli che a un certo punto io, per provocarlo, gli dissi "Mister, ma perché non mi metti in porta? mi manca solo questo!" e fu così che, all'ultima partita col Siena Nord contro la nostra acerrimissima rivale, ovvero....il San Miniato Siena, all'epoca era un vero derby, mi mise in porta gli ultimi 10 minuti, ci fu una conclusione e risposi con una parata molto istintiva, e finita la partita il mister mi disse "Sai che hai fatto una parata niente male? ti va l'anno prossimo, nel bisogno, di fare da secondo portiere?" Io dissi di si, e quella fu l'inizio della mia escalation al numero 1.
No vabbè, ora capisco tante cose, tipo che questa estate nelle nostre serate di calcetto post-teatro mi hai fatto una caterva di goal, hai un tiro a rientrare che è una meraviglia, imprendibile, hai i piedi più buoni di tante altre giocatrici di movimento che conosco (non faccio nomi ovviamente... :D ) e ora mi spiego tutto.
Il Siena Nord tra l'altro è stata la tua prima società tutta al femminile; sei maturata calcisticamente in questa società? cosa ci puoi raccontare della tua prima avventura ufficiale in una squadra di sole ragazze?
Fu una bellissima esperienza, come tutti gli spogliatoi sono stati una bellissima esperienza per me; ero molto piccola, c'erano ragazze assai più grandi di me, io avevo nemmeno 16 anni, c'erano persone anche di più di 30 anni. Mi ricordo però molto bene il "Limite" e per limite intendo che lo spogliatoio era fatto di persone, dalla più grande alla più piccola, ed era evidente tutto l'aiuto e l'insegnamento che le più grandi davano alle più giovani, e questo me lo ricordo bene in quanto per me è stato importante l'aiuto delle veterane, quando mi prendevano da parte e mi rispiegavano una cosa detta dal mister che non avevo capito, oppure quando mi calmavano in un momento di nervosismo; io per spogliatoio intendo questo, l'ho vissuto come un luogo dove poter imparare e dove conoscere persone da prendere come esempio, ci sono persone che porterò sempre nel cuore, ma ogni persona, nel bene e nel male, mi ha insegnato qualcosa.
Che poi quando il tempo passa e si matura si tende a tenere il buono in ogni cosa, almeno credo, le meschinità passano e diventano moniti per il futuro e gli insegnamenti belli restano, credo che sia l'unico modo di andare avanti nella vita come nello sport.
Poi per te c'è la Uopini Siena, altra avventura nella stessa città; che ci puoi dire di questa seconda esperienza?
La mia carriera calcistica io la divido in un prima e un dopo; il prima sono i primi anni e i due anni al Siena Nord in serie D e C, poi esso è fallito ed è diventato Uopini, per due anni la squadra si chiamò Uopini Siena e il percorso fu lo stesso che col Siena Nord, partiti dalla D e promosse in C. Dopo c'è stata la Parentesi Stella Azzurra, ed è qui lo spartiacque si può parlare di una Valeria prima e dopo la Stella Azzurra.
Quando sono andata a Uopini la mia vita non solo calcistica è cambiata; feci una prima annata importante e fui contattata dalla Grifo Perugia, che all'epoca giocava in serie A, e rifiutai l'invito in quanto durante l'anno mi ruppi il dito mignolo della mano destra, fu una frattura veramente brutta, mi tolsi il guanto e vidi il dito spostato e nell'incoscienza dei 17 anni lo rimisi a posto da sola continuando a giocare, e qualche mese dopo me lo ruppi di nuovo e per paura di rompermi altre dita in una categoria dove la palla correva più veloce dissi di no alla proposta del Perugia, preferendo restare in una serie minore e accettare la proposta della Stella Azzurra di Arezzo nella quale ho conosciuto, e non c'è altra definizione, le persone della mia vita, non solo calcistica. Un aneddoto carino dell'epoca è questo; approdata alla Stella Azzurra avevo ancora talmente paura di rompermi le dita che per due anni ho parato senza usare la mano destra, e sotto ai guanti da portiere, per ulteriore protezione, mettevo anche dei guanti di lana! e poi la Stella Azzurra è anche la prima squadra dove mi sono presentata ufficialmente come portiere, a Uopini avevo finito la stagione in porta sostituendo la titolare che si era infortunata ma era ancora un ruolo "transitorio" per me, ma da questo momento sono sempre stata in porta.
E allora parliamone, di questa Stella Azzurra che tanto ti emoziona e ha significato tanto per alcune delle calciatrici che più stimo, a partire ovviamente da Ilaria Ciofini. Sono quelle società che tengo a far conoscere ai nostri lettori, ci puoi raccontare com'era fare parte di questa squadra dal nome suggestivo (almeno per me che da ragazzino ero tifoso della Stella rossa di Belgrado, quindi piacevoli assonanze) che negli anni scorsi era una delle più importanti del calcio femminile toscano, anche se la fine che ha fatto è stata ingloriosa e crudele verso voi calciatrici?
Per me quello alla Stella Azzurra è un periodo bellissimo, e visto che a ogni squadra io associo un termine per definirla, per me essa è FAMIGLIA, è sentirsi a casa, è dove, come ti ho detto, ho incontrato le persone per me più importanti, Come Ilaria Ciofini, Giulia Bruci, Elisabetta Fortunati, Simona Giorgini, Costanza Mascilli...ma sono miriadi le persone che ho conosciuto in quel posto meraviglioso e che mi hanno insegnato tantissime cose tra cui il legame, che è ancora più del concetto di gruppo; quando c'è il legame puoi vincere qualsiasi battaglia e abbattere qualsiasi barriera, e infatti abbiamo conquistato due promozioni, dalla D alla C e dalla C alla B. Alla Stella azzurra ci sono stata in due riprese, nel mezzo c'è il mio trasferimento al Siena in serie A2, e dopo il primo fallimento senese tornai ad Arezzo per vincere il campionato di C e affrontare quello di B. Mi ricordo che giocavamo addirittura allo stadio di Arezzo, per una squadra femminile era importante cimentarsi in queste realtà che di solito non esistono per noi, ma nelle squadre in cui sono stata spesso ho dovuto fare i conti con quel delirio di onnipotenza che, a ogni promozione, porta le dirigenze a farsi prendere la mano, a mettere regole ferree o dare delle direttive o inondare le squadre di nuovi acquisti di fatto sconclusionati, non lo dico per le ragazze che arrivavano con le quali non ho mai avuto problemi ma bisogna avere anche una certa delicatezza nell'immettere nel gruppo elementi nuovi, spesso le società vogliono essere "professioniste" senza sapere come si fa; un gruppo ha delle dinamiche che non vanno toccate, o meglio vanno gestite con grande cura, perché se nel femminile irrompi nelle dinamiche di spogliatoio fai peggio che meglio, che poi nell'anno successivo la squadra tende a sfaldarsi a causa degli equilibri stravolti, e questa è una cosa che ho sempre notato da parte di tante società, fare il passo più lungo della gamba pensando di avere tutto sotto controllo è un errore piuttosto comune. Quello che penso io è che se una cosa funziona non vedo perché debba essere toccata; se un gruppo funziona e ha bisogno di qualche piccolo rinforzo è giusto intervenire con oculatezza, non c'è bisogno di rifare squadre intere, ma nelle società di solito l'atteggiamento è quello opposto; in ogni caso dopo il Siena fallì appunto anche la Stella Azzurra, e ci ritrovammo tutte noi di fronte all'ennesima chiusura, non voglio entrare troppo in particolari su quello che è successo ma è chiaro che ho opinioni ben precise in merito, ma detto questo non voglio ergermi sopra nessuno, non ho mai gestito una società e non spetta a me parlarne, capisco che ci possano essere cose molto difficili da affrontare ma l'unica cosa che voglio esprimere, poiché sono nella posizione di esprimerla, è questa; io sono una calciatrice e sono una ragazza che vuole fare sport, come posso fare per giocare, divertirmi e portare avanti un percorso sportivo senza che tutte le squadre dove vado debbano puntualmente fallire? San Miniato, Siena, Stella Azzurra, è finita sempre male, e da quello che ho potuto notare è che non si riduce tutto al solo "mancano i soldi" che quello sarebbe di per se comprensibilissimo, oltre a questo ce ne sono tanti altri aggiunti che nascono per cose dove le giocatrici nemmeno dovrebbero essere coinvolte, ma poi alla fine le uniche che pagano veramente sulla loro pelle un fallimento siamo noi, le ragazze che vogliono solo giocare a calcio.
Poi torni al Siena, ormai al tramonto della sua breve ma intensa storia calcistica, che terminerà con il fallimento del 2016, peraltro dopo un campionato di A2 vinto! Come è stato vivere gli ultimi anni di questa compagine? e quanto è stato doloroso non affrontare la serie A con tali compagne di avventura?
Bene, il Siena. Continuando il gioco di assegnare una parola a ogni squadra in cui sono stata, per me il Siena è SFIDA, sotto ogni punto di vista; calcistico, personale, caratteriale, umorale...tutto, è stata una sfida verso tutto, e sono cresciuta moltissimo sotto ogni punto di vista, tramite grosse soddisfazioni e persone che mi hanno guidato, ma è stata anche fonte di grosse amarezze e delusioni.
Quando sono arrivata a Siena venivo dal clima familiare della Stella Azzurra, dove vi erano delle regole ma anche una certa elasticità, Siena invece era un ambiente molto rigido al quale ero impreparata, non avevo idea del salto di categoria in questo senso, non avevo mai affrontato l'A2 nonostante avessi avuto molte proposte da squadre importanti. E' stato difficilissimo ambientarsi, era tutto un altro livello, io ero abituata a vivere il calcio come gioco, come una grande famiglia, e questo nel Siena non c'era perché si giocava sempre col coltello tra i denti, si giocava per arrivare, se la partita non andava bene negli spogliatoi vigeva il silenzio, se facevi qualcosa di sbagliato pagavi multe, tutto un altro tipo di mentalità con il quale sulle prime ho avuto grandi difficoltà, soprattutto a integrare la realtà Siena con il mio stile di vita, da musicista ho questa simpatica contraddizione in essere nella quale un musicista vive il sabato sera e uno sportivo la domenica mattina, e questo è un contrasto molto forte; io ho fatto degli sbagli al Siena, lo dico senza problemi, perché non riuscivo a conciliare queste due attività e la domenica mattina mi è capitato di essere stanca per aver fatto tardi la sera prima, e non ho vergogna a dire certe cose poiché è la mia vita, il mio essere, e fortunatamente dopo un certo periodo sono riuscita a conciliare meglio le due cose. Detto questo è stato un periodo meraviglioso dove sono cresciuta moltissimo in ogni senso, ho trovato persone incredibili, incontrato talenti eccezionali sia in squadra che come avversarie, imparato tanti trucchi del mestiere, per dirla alla napoletana la famosa "cazzimma" a suon di schiaffoni sportivi; la serie A è una cosa che ti tempra, che ti mette di fronte a te stessa e ti dice "Fammi vedere qual è il tuo limite" e ho sputato sangue per dimostrare a me stessa e agli altri cosa sapevo fare, anni difficili e intensissimi che mi hanno portato a guadagnare la massima categoria; c'è stato un momento nel Siena dove il nostro mister Montanelli, una figura che porterò sempre dentro di me in quanto è una tipologia di persona che, nel bene o nel male, auguro di incontrare a tutte/i, perché comunque ti fa crescere, ti mette alla prova. Purtroppo Montanelli nell'ultimo anno ci lasciò a metà stagione e praticamente ci autogestivamo, specialmente noi più grandi; io in quel periodo preciso non avevo un gran rapporto con le altre ragazze, si erano spaccate un poco di dinamiche, e quindi tra le veterane mi sentivo messa in disparte in quanto non avevo troppa voce in capitolo nelle decisioni che loro prendevano.
In quel periodo tra l'altro giocavo con una giovanissima Rachele Baldi, all'epoca sedicenne, una delle persone più belle che abbia mai incontrato in questo ambiente e anche se ora è tantissimo che non la rivedo ricordo sempre con grande affetto e che ci tengo a salutare; ma anche per il suo talento, che conosci benissimo, fui messa da parte in suo favore, e questa cosa mi fece talmente male che io a una partita dalla fine, che ci bastava un pareggio per andare ai playoff, volevo smettere, ero arrivata al limite della sopportazione per tante situazioni che mi facevano stare male, e non nego che alcune volte sono arrivata a casa dopo allenamenti e partite che stavo malissimo, mi sono sentita sormontare da tutte queste cose. Ma il mio preparatore atletico Fabrizio Vanni mi disse "No Vale, tu non devi mollare, devi arrivare fino in fondo perché la serietà è questa, portare le cose a termine, poi dopo trarrai le tue conclusioni ma nel frattempo resta" e fortunatamente gli detti ascolto poiché da un punto di vista umano aveva ragione, e sfortunatamente per lei Rachele si ammalò di mononucleosi, quindi a me che ero stata panchinata e che non avevo buoni rapporti col buona parte del gruppo chiesero di andare in porta, e dissi di si; non ti dico nemmeno con quali ansie sono scesa in campo, fatto sta che si pareggiò la partita per 1-1 potendo accedere ai Playoff.
Aspetta, scusa se ti interrompo, vorrei far risaltare a parte il Playoff con la Res Roma; uno spareggio altamente drammatico, arrivano i calci di rigore, infiniti, fin a che dopo le dieci giocatrici di movimento tocca calciare il penalty a voi portieri; una sei tu, l'altra è Rosalia Pipitone, leggenda romanista e terzo portiere nella nazionale di Milena Bertolini al mondiale 2019; ci vuoi raccontare come finì la vostra personale contesa?
Mi affacciai a quella partita guardando il numero che avevo sulla schiena; il numero 1, che è solo, unico, e ho capito nell'immensità di quel momento tutta la solitudine del portiere, uno dei momenti più forti e toccanti della mia vita sportiva.
La partita fini 1-1, e arrivammo alla lotteria di rigori, e ce ne furono ben 22, calciarono tutte le giocatrici di movimento e come sai dopo tocca ai portieri. Arriva Pipitone, calcia e io le paro il rigore, ero felicissima ma ora toccava a me calciare; e mi ricordo che prima di tirarlo mi sciolsi i capelli e misi i guanti in terra, andai verso il pallone e mi dissi che volevo tirare questo rigore per come sono io, per quello che volevo, mi sciolsi i capelli perché volevo che il mio rigore fosse l'ultimo evento di quella partita, che non ci fosse altro da fare che non festeggiare; infatti calciai e segnai, e credo che l'emozione dopo aver visto la palla entrare fu una delle più forti e profonde della mia vita, la metto nella mia top five, perché per quello che avevo passato, per come mi sentivo e per la difficoltà vissuta in tante situazioni sapere di aver vinto quel playoff grazie al mio rigore fu una rivincita e una soddisfazione immensa.
Quel giorno, dopo fatta la doccia, Serena Patu mi chiese come stavo dopo tutte quelle emozioni, e io le risposi "Sere, questo è uno di quei giorni nei quali se io morissi non avrei rimpianti" e lei mi guardò e mi disse che avevo detto una cosa veramente bella, perché lo provavo veramente, fu un riscatto umano e calcistico senza paragoni, e poi dopo ci fu la partita finale del Playoff contro il Fiammamonza che vincemmo e che ci valse la serie A, e conquistarla da titolare è stata la realizzazione di un sogno, i giorni seguenti furono meravigliosi, nonostante i rapporti tra di noi fossero rimasti tesi quella vittoria allentò tutto, eravamo solo un gruppo di ragazze che festeggiava la serie A, un traguardo impossibile da raggiungere senza un Mister e con una società che era già fallita quando noi ci stavamo giocando la serie A, eravamo SOLE, e vincere SOLE CONTRO TUTTE E TUTTI, contro armate di squadre organizzate fu un miracolo calcistico come una Spal che vince lo scudetto nel maschile, quella serie A che non abbiamo fatto ce la siamo conquistata noi, tutta noi. Fu comunque una doccia fredda quando ci confermarono che la società era definitivamente fallita, la serie A è l'unica cosa che mi manca e di questo ho un piccolo rimpianto, non è dipeso da me ma è lo stesso un rimpianto, in quanto stavamo viaggiando a pieni giri e ci hanno strappato quel sogno. Comunque quel calcio di rigore segnato alla Pipitone è stato il punto più alto della mia carriera senese e forse calcistica.
Lo ripeto, con una società solida alle spalle non so cosa avreste potuto combinare in serie A, io personalmente sono sicuro che avreste fatto il botto, insidiato le favorite...possiamo tranquillamente immaginare qualsiasi scenario, con quel Siena era lecito sognare fortissimo.
Arriviamo ora al San miniato- Siena, finora la tua ultima squadra nel calcio a 11, che dopo un'annata forse al di sotto delle aspettative ma comunque decorosa ha cessato di esistere in una tristissima sera dello scorso luglio, un avvenimento al quale ho mio malgrado assistito di persona essendo li per assistere allo spettacolo teatrale di Costanza Mascilli; ricordo ancora la delusione e la disillusione in tutte voi, e mi ha fatto male vederla. Ma torniamo indietro, a quando il San Miniato era una bellissima e vincente realtà, quali sono i ricordi più belli che ti porti dentro?
Veder finire una realtà come il San Miniato è stata una cosa spiacevolissima, come ti ho già accennato purtroppo nel calcio femminile intervengono delle dinamiche che fanno male a tutto il movimento, non metto mai in discussione la volontà di qualcuno o qualcosa però certe decisioni prese a mio personalissimo avviso sono state molto, molto opinabili, quindi sia per una questione personale che di carattere preferisco prendere i fatti per come sono, è una realtà finita e non importa più di chi è la colpa, e bisogna tenerne il bello, ossia la consapevolezza che ho fatto parte di quella bellissima storia; Il San Miniato è stato RIVINCITA, la rivincita dei perdenti, per una serie di motivi incredibili; noi eravamo una squadra creatasi per caso, dopo il fallimento del Siena io e altre ragazze, come ad esempio Costanza Mascilli, ci convincemmo, anche per la vicinanza a casa, di andare a giocare in questa squadra e da li ritrovai tante compagne di squadra di prima del Siena tra cui Giulia Bruci, Ilaria Ciofini, Serena Chellini detta il Giaguaro, Giulia Martini, Clara Meattini, Francesca Solazzo e così via, e poi ragazze che ho conosciuto proprio in quell'occasione e con le quali ho avuto un bel rapporto (fortunatamente le belle persone non sono mai mancate nel mio percorso) come Costanza Gangi, Carlotta "Totta" Bernardini, Federica Beligni, Benedetta Gorelli e tantissime altre.
Detto questo è stata una rivincita dei perdenti poiché prima di allora il San Miniato non era una squadra di vertice, anzi navigava nei bassifondi della classifica, e noi come piccole formichine abbiamo costruito il nostro sogno; una delle cose che ricordo con più piacere è il nostro motto, ovvero "E ora come allora, al San Miniato mai" come a dire che nessuna era mai voluta andare a giocare al San Miniato in quanto la squadra non aveva appeal, ma a ogni vittoria ci sentivamo, noi considerate, non so quanto a ragione poi, la squadra delle "reiette" sempre più consapevoli, questo motto era quindi una provocazione, guardate le piccole cosa possono fare, se rifiutate il San Miniato è perché non sapete che gruppo fantastico stiamo diventando, eravamo una specie di Chievo Verona dell'epoca, quelle realtà che non diresti mai che ce la potrebbero fare e invece a ogni giornata, a ogni campionato conquistano credibilità e forza. E non solo ce l'abbiamo fatta, ma nella stagione 2018/2019 abbiamo conquistato un primato che, a parte il Florentia, nessuno mai ha conquistato in toscana nel femminile, ovvero il famoso "Triplete" Coppa Toscana, Coppa Italia e Campionato di eccellenza, e poi capocannoniere, miglior difesa...facemmo veramente il botto, e questo non ce lo toglierà mai nessuno.
Quello è stato uno degli anni calcistici più belli della mia vita, eravamo un corpo unico, era una festa, una gioia stare insieme, gli allenamenti, le trasferte, il post partita...e questa cosa me la porterò per sempre nel cuore, quelle facce, le facce del giorno in cui abbiamo vinto la Coppa Italia, me le ricorderò tutte, dalla prima all'ultima, perché sono state parte di un percorso, parte di una storia e parte di me, e sono contentissima di aver giocato nel San Miniato, e vincere per l'ennesima volta insieme alla mia famiglia e a persone che adoro è stato semplicemente meraviglioso.
Come canta Fiorella Mannoia "Il tempo non torna più" ma se mi fosse restituito qualche anno, potessi tornare indietro, una delle cose che farei è seguire ogni partita del San Miniato, starvi vicine giornata dopo giornata, mi sono perso un qualcosa che forse non tornerà e una generazione calcistica che, come quella del Firenze di Alia Guagni e Giulia Orlandi, forse a livello toscano rimarrà irripetibile.
Ma ora devo fare l'egoista; con tutto il dispiacere per la fine del San Miniato devo dire che non tutto il male viene per nuocere, visto che per mia grandissima gioia sei approdata nel mio, anzi nel nostro San Giovanni calcio a 5, uno dei cinque grandi colpi di una campagna acquisti favolosa, e per me vederti arrivare è stata una cosa di una bellezza unica, non sai quanto sia felice di passare anche insieme a te quest'annata calcistica e non nascondo che la tua presenza è stata un grande incentivo per accettare l'incarico offertomi dalla società.
Ma come mai hai scelto il calcio a 5? Per te comunque non è un'esperienza nuova, visto che hai militato per anni nell'Alter Ego di Ilaria Ciofini che ha vinto tutto il vincibile, ma pensi che all'inizio per te sarà comunque difficile ambientarti nella nuova realtà?
Il San Giovanni è stata una scelta più ponderata di altre, non per una questione calcistica ma personale, perché come ti ho già detto ogni squadra legata anche a un momento di vita preciso, e i rapporti col San Miniato non sono finiti in modo idilliaco, nelle ultime partite ho avuto dei problemi (sorvoliamo sui motivi) e ho preferito fare un'altra scelta. Come ti ho già accennato tante cose del calcio a 11 non mi rispecchiano più eticamente, non nego di essere anche in la con gli anni anche se mi sento ancora in forma e credo di poter dare ancora qualcosa a questo sport (NB AVOGLIAAAAA!!!) ho deciso semplicemente di cambiare, nella mia vita calcistica ho vinto tanto, non "tutto" ma tutto quello che volevo, e di questo ne vado orgogliosa, è giusto anche darsi una pacca sulla spalla a un certo punto della carriera, quando ti rendi conto di aver raggiunto degli obiettivi, non è arroganza ma un segno di autostima, non è superbia dirsi "Brava!" a un certo punto se quello che hai fatto ti rende felice, e quindi ho pensato semplicemente che a 34 anni, considerando tutto quello che era successo di bello e meno bello, la scelta migliore che potessi fare era semplicemente rimettermi in gioco in una cosa che non avevo mai fatto nella Figc o praticato come sport a tutto tondo; sono stata nell'Alter Ego, con questa squadra Uisp ho vinto tutto quello che c'era da vincere, ma farlo come un ruolo a tutto tondo è una nuova sfida, mi sono detta di provare un'altra avventura, di non adagiarmi su quello che è la mia esperienza a 11 o tutta una serie di cose che so già che posso fare.
Sono entrata in un gruppo tutto nuovo e in una società che mi ha lusingata cercandomi molto, è stata pronta ad ascoltarmi anche a livello emotivo, considerando anche i problemi da me avuti nella scorsa stagione, quindi ho trovato una società più che predisposta, un gruppo magnifico dove ho ritrovato la mia famiglia, perché inconsciamente o meno continuiamo sempre a cercarci, e quindi per me è una scommessa che non è detto che vinca, causa Covid, causa distanza poiché Siena - San Giovanni è quasi un'ora di macchina ogni volta, semplicemente io e la società ci siamo guardati negli occhi e detto "proviamoci" vediamo cosa ne esce fuori, alcune volte succedono i pastrocchi e altre volte cose meravigliose, fatto sta che mettersi sempre in gioco nella vita è stimolante, quindi a prescindere da come vada sono felice di aver intrapreso questa scelta.
E come vuoi che stia andando Vale, hai fatto una partita contro il Firenze monumentale, hai parato tutto il parabile, dato sicurezza alla squadra ,persino lanciato attaccanti a rete, ok io sarò di parte ma cavolo, avevo le lacrime agli occhi, la prima partita ufficiale dal vivo che vedo della mia amica e fai un figurone pazzesco, quando ti ho avuta davanti mi sono letteralmente inchinato al tuo cospetto, al tuo genio calcistico, avrei voluto che quella partita non finisse mai. Ora il governo potrà fare quello che vuole, anche stoppare tutti i campionati, ma io ho visto, filmato e commentato la tua prima partita ufficiale nel nostro Sangio e questo non me lo toglierà mai nessuno, è un super-ricordo.
Nelle nostre chiacchierate abbiamo ovviamente parlato anche di calcio del presente, e alcune tue riflessioni sulla situazione attuale mi hanno veramente colpito; secondo te negli ultimi anni il calcio femminile, pur avendo fatto passi da gigante, sta però cambiando in alcuni suoi aspetti?
In questo momento il calcio a 11, come detto, non mi rispecchia più per tante cose; non voglio fare polemiche inutili, il mondo cambia e con esso il calcio e forse sono io a non volere più far parte di un sistema al quale non sono più abituata, magari è una cosa che trascende da me e non riesco a entrarci fino in fondo, ma l'esperienza di vita che ho avuto mi ha portato a elaborare dei concetti che sono semplici; una squadra di calcio non è altro che una società di persone, una società che puoi trovare anche nella vita di tutti i giorni; all'interno di una comunità bisogna cercare di infondere due cose fondamentali per vivere al meglio; c'è bisogno di equilibrio e c'è bisogno di TUTTI. E in ambito calcistico il concetto è lo stesso, in una società c'è bisogno sia della giovane promessa di talento che vuole spaccare il mondo e aspira a traguardi importanti come c'è bisogno della vecchia bandiera che ha fatto tanto per portare la squadra in alto e alla quale si deve rispetto, perché per quanto se ne dica e se ne voglia, ed è questa la critica che voglio fare alle società odierne, noi degli anni ottanta siamo le ultime che hanno dovuto lottare anche solo per farlo continuare, il calcio femminile, noi abbiamo dato tanto al calcio e possiamo ancora dare tanto, non dico ancora sul campo (anche se tante di noi si sentono ancora più che in forma)ma anche a livello di spogliatoio; io ho la percezione che invece tante società stiano formando nuclei di squadre con ragazze talentuose ma un po' sperdute, senza una vera guida, c'è bisogno di un faro sia in campo che nello spogliatoio, e la realtà dei fatti per quello che ho visto io è che ogni volta che è stata toccata questa dinamica qualcosa si è rotto, se non addirittura, come in tanti casi, le squadre si siano anche sciolte, perché ripeto, c'è bisogno di tutto. Il mio vecchio allenatore Montanelli amava paragonare i calciatori ai cavalli; ci sono i cavalli belli che corrono eleganti e compiono salti perfetti, e poi ci sono cavalli che li carichi come muli e ti arrivano in cima a una montagna; non c'è un cavallo migliore o più bello, c'è un cavallo utile all'occorrenza, e soprattutto tutti e due sono utili l'uno all'altro. E quando vengono rotte queste dinamiche decidendo di procedere in una sola direzione poi qualcosa non va, poi ovviamente non sono fuori dalla realtà o troppo schierata dalla mia parte, però credo che dare dei punti di riferimento a giovani ragazze che vogliono spaccare il mondo sia fondamentale, ed è proprio grazie al lascito di quelle persone che si continua a tramandare una memoria di rispetto non solo verso lo sport ma anche verso le persone che lo hanno reso grande, e se viene meno questa dinamica le "piccole società" che sono le squadre di calcio rischiano di diventare come quella grande la fuori, una società consumistica dove prendono il meglio di te senza farti sedere un attimo, rilassarti e dire "Ok, goditi lo spettacolo di quello che hai fatto finora e continua a darci una mano", è questo quello che io sento ma purtroppo invece la realtà è che noi veniamo prese e poi buttate per tanti motivi che sono per me inconcepibili, come per l'età o essere messe alla porta senza pietà perché una giovane promessa emerge di colpo; ho volutamente amplificato il concetto, voglio che arrivi chiaro l'amaro che alla fine ti lasciano.
Sai, Valeria, a volte sogno di avere dei soldi da investire per creare una squadra femminile, facciamo così, uno zio dall'Australia (seee...) mi lascia un paio di milioncini, sai cosa farei? per prima cosa telefono a te e Ilaria, e vi chiederei di giocare per la mia squadra (NB San Giovanni, stai tranquillo eh, non succede) ma non solo, vi chiederei di aiutarmi a scegliere le altre ragazze da prendere, e giocoforza la formazione comprenderebbe il meglio delle squadre in cui avete militato tu e Ilaria, poiché non siete solo giocatrici forti, siete persone intelligenti con cui condivido le stesse idee sul calcio e sulla vita. Credo che tuttora una ipotetica formazione, un mix di veterane e giovani di sicuro avvenire con Mazzola, Ciofini, Parri, Meattini, Solazzo, Giorgini, Carniani, Gangi, Martini, Bernardini, Caligiore, Mascilli, Bruci, Toppi etc. con il senso del gruppo e la mentalità giusta farebbe il botto in categorie alte; è vero, persone come te e con le tue idee sono quasi "Dinosauri" in questo calcio femminile che potrà essere migliore solo in soldi e infrastrutture (ma solo in serie A e B, che dalla C in poi specialmente adesso è forse peggio di prima, nonostante società come Arezzo e Pistoiese che stanno creando qualcosa di veramente bello) ma sta perdendo tantissimo a livello umano, e l'ho visto coi miei occhi.
Ma torniamo al presente, al mio presente di addetto stampa, cronista e narratore di questo San Giovanni, nella stagione più difficile siamo tutti ancora qua, come i cavalli di cui ti parlava il tuo vecchio Mister, ma adesso non importa il tipo di cavallo che uno è, c'è una montagna da scalare con un carico emotivo gravosissimo sulla schiena, non so quante partite ci saranno ancora concesse ma ognuna sarà un nuovo sogno, che sai cosa fanno le persone come te? fanno sognare come da ragazzini, sono un tuo tifoso e quando ti vedo in campo mi batte il cuore, mi sento bene, mi sento protetto, aspetto che le avversarie tirino per vederti parare le loro conclusioni, e se qualche palla passa mi dispiace, ma non mi sento tradito, se è passata è perché proprio non ci potevi umanamente intervenire. Ogni volta che fermi un pallone vedo la ragazzina che giocava con un dito rotto, vedo colei che ha parato un rigore a un portiere eccezionale e poi glielo ha segnato, e vedo anche tutte le amarezze, ma gioie e dolori del passato sono servite a creare la persona a cui tutte e tutti noi siamo affezionati, ed è bellissimo che, in questo presente in grigio, tu sia ancora a colorarci il mondo; dal 1998 ad oggi, semplicemente tu, Valeria Mazzola, unica e irraggiungibile per talento, simpatia e umanità.
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